Addio
Nocerino |
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Tarderà molto a nascere, se nascerà ancora, uno così. Uno come questo ragazzone giunto otto anni fa a Firenze da San Giorgio a Cremano, in provincia di Napoli, dov’era nato nel ‘62, chioma e baffi neri neri, la figura imponente sempre ben curata, i tratti del volto irruviditi dalla tensione della gara ma poi teneri come quelli di un amico sincero, schietto e generoso, uno che portava un soprannome ingombrante: Terminator (lo sterminatore di birilli). Ma non era un film. Era un’esistenza vera. Intrapresa e vissuta a passi misurati. Da uomo giovane ma saggio, non incline alle facili illusioni, educato e disponibile come un gentiluomo d’antico stampo. Uno che aveva ormai imparato a sdrammatizzare anche la più bruciante delle sconfitte, secondo la regola più bella dello sport. Vitale Nocerino è stato un peso massimo dalle luminose capacità tecniche riversate in abbondanza sul tavolo da biliardo. Mite e di poche parole. Uno che preferiva adoperare la lingua di quel talento smisurato ereditato da papà Giorgio (campione d’Italia al culmine di un incontro memorabile contro lo Scuro, qualche lustro fa, a Napoli) in seguito prodigiosamente sviluppato e perfezionato a tal punto che non ce n’era più per nessun antagonista nella seduta a tutti doppi di goriziana. Per nessuno al mondo in quanto a forza devastatrice, quella ormai tipica che fluiva dalla sua stecca. Il biliardo è un gioco apparentemente semplice sul quale però sono stati scritti trattati enciclopedici, perché dietro alle più suggestive e stupefacenti traiettorie c’è l’uomo col suo carico di componenti e di emozioni, con le proprie doti, aspirazioni e capacità. C’è l’autore. Forse anche un po’ di quanto appartiene a ciascuno di noi. Nel pianeta biliardistico ci sono tanti personaggi di una commedia che nel tempo replica se stessa senza stancare. Da qualche anno a questa parte, c’era soprattutto questo ragazzo che riusciva a oltrepassarne i limiti. Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, ora se lo rivede in mente. Gustatevelo anche voi, questo «mancino» inimitabile perché stavolta non ci sarà il bis... Uno sguardo rapido mentre il corpo già si acquatta sul tiro - raccogliendosi gelosamente all’interno della sfera di conoscenze messe insieme da tutta la vita - eppoi l’affondo sulla pallastecca e l’impatto scintillante sull’avversaria. Domata da una potenza superiore. Caricata degli effetti impressi che ne distorcono il naturale percorso e la costringono (ecco l’inimitabile maestria!) a lunghe e indimenticabili evoluzioni su quello straordinario, verde prato che non ha eguali... Il fruscio dei birilli sparpagliati, la musica di sottofondo ad ogni schioccar di biglie. Passaggio di palla e difesa blindata negli angoli. Sette-sponde di striscio e avversaria che si eclissa dietro al pallino. Garuffa centrata di taglio quadro e numero due che mette in posizione orizzontale, un ometto dietro l’altro, tutto il filotto per poi nascondersi beffarda e irridente dietro il castello profanato. Novantadue di sfaccio di tre passate e mezzo millimetriche, con battente al centro, a colla. impossibile replicare. Vantaggi incredibili concessi pur di mettere in piedi il match. Partite «perse» che soltanto lui riusciva a rimontare... Quante emozioni ci avete regalato don Vita’...! E quanta grazia! Ma una caratteristica tecnica, su tutte le altre una, distingueva questo portento: Nocerino non rimpallava «mai»!... Allo Sporting Club Biliardi di via Porpora, a Firenze (il suo abituale palcoscenico dov' era ingaggiato come professionista), il fatto era risaputo. Perché rimpallare significa destabilizzare l’intera architettura della giocata, concedere scoperto il fianco, scolorire da mito a comparsa, o giù di lì. No, non erano cose da Terminator, queste... Troppo bravo, Terminator. Tanto bravo che ora che è scomparso alla nostra vista ci domandiamo con qualche inquietudine se l’abbiamo davvero meritato uno così e che cosa sia davvero accaduto in queste ultime angosciose ore di veglia, il cuore greve, il pianto soffocato nella gola. Ricordiamo d’avergli proposto un’intervista, qualche tempo fa, arcimeritata per l’esito dei suoi più recenti successi in tornei e prove mondiali, ultimi in ordine di tempo un mese addietro a Biella ed a Brescia (successi senza titoli, da vice Campione Europeo e Mondiale dei Professionisti, ma tanti quanti in pochi altri possono contare in tutta una carriera). Poi non se ne fece di nulla perché, guardandoci negli occhi, ci venne da sorridere un po’ amaramente e convenimmo di rimandare a tempi migliori. Vitale era fatto così. Il più forte di tutti che si comporta come uno qualunque. Un antipersonaggio. Tre piccole rivelazioni, per chiudere. La prima riguarda una grande speranza che ci fu concesso di mettergli nel cuore e che, quella sì, gli accese lo sguardo di gioiosa fiducia, ma che ormai resterà per sempre un segreto tra noi. La seconda è che domenica sera, in quella strana partita ingaggiata con la sorte, don Vita’ per la prima volta non è riuscito a evitare un rimpallo che gli ha deviato la traiettoria della vita. La terza - e questo valga a mettere la pace in tutti - è che lo stesso Padreterno, pazzamente innamorato della straordinaria destrezza della Sua creatura, forse non vedeva l’ora di ammirarlo un po’ più da vicino. |
Giuseppe Baglivi |